Come premessa, devo confessare a chi leggerà questo post che il mio modo di ragionare segue sempre un confronto fra un mondo reale ed uno ideale, ovvero mettere a confronto ciò che non va o che potrebbe andare meglio nella realtà e ciò che , in un mondo ideale, funzionerebbe perfettamente, perchè nel comune ripetto dell'etica intesa come valori intrinseci in ogni uomo, nel ripetto degli altri, di se stessi, di tutto ciò che è nostro, degli altri, in comune con gli altri, che in una sola parola è la bontà umana, bene universalmente condiviso da tutti, secondo il mio pensiero.
Detto questo, arrivo alla chiave del problema.
Controversa o no, quella sul copyright è una questione che affonda in un insieme di leggi burocratiche che erigono forti limitazioni all'evoluzione delle conoscenze umane.
Si perchè, come è facilmente comprensibile dagli articoli che enunciano tali leggi, il problema del copyright è solo ed esclusivamente di tipo economico: chi potesse liberamente consultare, non acquisterebbe più libri, quindi chi necessita di consultare per fornire nuovo materiale conoscitivo alla specie umana deve pagare.
Sono quindi leggi che danno priorità all'aspetto economico della faccenda, al denaro, ed ecco allora che ci crea vuole che la propria creazione, il tempo, i sacrifici e l'energia che ha impiegato vengano lui riconosciute, ricambiandole con il denaro.
Qualora però le leggi, e dunque chi le fa, spostassero l'attenzione, la priorità sull'evoluzionismo conoscitivo dell'uomo, il copyright garantirebbe solo uno stipendio degno per il tempo e gli sforzi impiegati da colui che molto ha lavorato; quisti si sentirebbe automaticamente appagato ogni volta che qualcuno riprende, utilizza il suo lavoro per completarlo, svilupparlo, creare del nuovo sul già creato, insomma ampliare la conoscenza, perchè così sente di aver contribuito, nel suo piccolo, alla storia evolutiva dell'uomo, entrando così a farne parte e a viverci dentro in eterno.
mercoledì 6 maggio 2009
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